domenica 4 luglio 2010

Vacanze al mare




C'è poi anche il giorno in cui l'Happy Family, dopo anni e anni di impedimenti legittimi e non, parte per la settimana di mare a fine Giugno.
Il giorno della decisione e dell'annuncio ebbe dell'incredibile, e ancora non ci crederei se la settimana balneare non fosse già venuta e passata.
Il pater familias prese la parola, a tavola. Come nel giorno annuale dell'annunciazione dell'orto.
“eora”
E già qui i volti dei figli, che presagivano già sventura, iniziarono a rivolgersi sempre più nei rispettivi piatti, le fronti imperlate di sudori freddi
“xe ora”
eh no, ma non è possibile, l'orto l'abbiamo già sistemato- si leggeva negli occhi
“che crompemo i biglieti par 'ndar al mare”
...sguardi allibiti si levano dai piatti di pasta: mare?
Ed era proprio mare. Con tanto di asciugamani e costumi, famiglia di amici con cui andare e macchina da prendere a noleggio.
I figli svennero.

Ovviamente, per una famiglia organizzata ai minimi storici quale HP è, l'andare in vacanza tutti e cinque assieme prevede una lunga odissea tra armadi e valigie per la preparazione intelligente dei bagagli e il tentativo -per quando flebile- di dimenticare a casa la minor percentuale di accessori indispensabili per una breve vacanza marittima.
Questo movimento preparatorio fu coordinato dalla Magistrale Organizzatrice -detta semplicemente mamma-, che in uno scandagliamento profondo di guardaroba, accompagnato da costante predicazione di preparare i propri fagotti, cercò di arginare i danni, cominciando il tutto all'inizio di Maggio.
Ovviamente i suoi consigli di anticipare il compito non furono seguiti, e quindi la sera prima della partenza le uniche borse ad essere pronte erano quelle preparate da lei, mentre i restanti quattro membri della famiglia si affaccendavano riempendo zaini e valigie con la tecnica dell'aspiratore a turbina (vale a dire arraffare tutto ciò che capita e scaraventarlo nel proprio bagaglio, in un vortice casuale, senza curarsi particolarmente di ciò che si è preso e senza fare particolare differenza se ad essere stato riposto è una pinza per dentisti o un costume da bagno).

Poi, la partenza. Ah!
Per seguire la classica vena alternativa che contraddistingue ogni iniziativa dell'HP, definendone il carattere bizzarro ed oltremodo disorganizzato, il pater familias optò per una partenza aerea alle setteequaranta. Il che significa una partenza automobilistica alle seiinpunto. Cioè una sveglia alle cinqueprecisesenonprima.
Considerando che la maggioranza schiacciante della famiglia era stata sveglia fino alle due, occupata nella preparazione dei propri bagagli, ciò risultò alquanto stancante.
In modo particolare fu sfibrante lo stipare nel bagagliaio della fedele auto i due borsoni, un trolley a forma di tigre, un cavallo a dondolo, una chitarra, due borse da spiaggia piene, una tracolla e uno zainetto in una disposizione mosaica e quantomai complessa ed instabile. Tanto instabile da far sì che, ogniqualvolta che il portellone veniva aperto per aggiungere un bagaglio dimenticato, -il che accadeva ad una frequenza media di un bagaglio ogni tre minuti e ventisette secondi- tutto il suo contenuto crollava a terra in un fracasso generale, mentre il pater familias ricordava animosamente il nome del signore e ricominciava poi rassegnato l'incastro, costretto a trovare una nuova strategia per far posto al nuovo pezzo del puzzle.
Si partì, dunque, alle seiequattrominuti, con rimprovero del PF per il ritardo, e conseguente accompagnamento di basso continuo per i primi quattro chilometri al ritmo di “no xe posibie, in sta casa, sempre in ritardo, no se parte mai giusti” (ad libitum sfumando).
La disposizione mosaicale del bagagliaio, poi, era rispecchiata nei sedili posteriori dell'auto, dovuto al fatto che i tre pargoli dell'HP non viaggiavano tutti insieme da lunghi tempi. Fu dunque uno shock per genitori e figli scoprire che il trio di bambolotti che un tempo si litigava lo spazio per allungare le gambe o posare la testa sul sedile si era ormai tramutato in un terzetto di mammut che non litigava più per il solo scopo di salvare ossigeno, carente in quella zona di macchina.
Ma in un modo o nell'altro, si partì.

I primi quattro chilometri, come si disse sopra, furono accompagnati dal borbottio paterno. A questo si aggiunse un fenomeno che dubito mancare in qualsiasi famiglia in partenza: il ritorno. Già, perché quale padre al volante può resistere all'estremo impulso di obbedienza che sferra la pietrosa e lacrimosa richiesta “papà, ho dimenticato il cellulare, torniamo indietro!”?
Questo si ripete dalle due alle diciassette volte -tale record si registrò nel 1932, quando una famiglia composta da otto membri, di cui sette di sesso femminile, si vide costretta a percorrere in un avanti e indietro tra la casa e la stazione dei treni una distanza pari a tre volte quella che sarebbe complessivamente dovuta essere per arrivare alla destinazione balneare-, ad intervalli regolari ma sempre più lunghi. Difatti, se la prima retromarcia viene innestata prima dell'uscita dal vialetto di casa, l'ultima inversione a u sarà fatta a tre chilometri e mezzo dal cancello. Dell'aeroporto, sia chiaro.
A questi fattori di rallentamento si aggiunge l'occasionale brusco arresto a causa di un attraversamento pedonale di una famiglia di quaglie composta da quarantasette elementi, ma la cosa è alquanto rara.

Partiti, dunque. E miracolosamente, il numero dei ritorni tempestivi si era limitato a due, in un tempo relativamente breve.
Come un paio di jeans aderenti si adatta alle forme di chi li porta, allargandosi ed ammorbidendosi, permettendo alle cosce di respirare e all'indossatore di pensare di essere dimagrito miracolosamente, così la macchina si adattò alle forme dei tre giovani mammut, lasciandoli mano a mano liberi di compiere perlomeno i movimenti necessari.
Questo non fu proprio positivo, perlomeno per chi abitava i sedili anteriori.
Difatti, per supplire alla grave carenza di sonno, il trio bananas aveva consacrato la sveglia al sacro rito del caffè, ingurgitandone una media di tre tazzine a testa. Considerando che due dei tre non avevano mai assaggiato cotanta bevanda, gli effetti furono deleteri.
La macchina implose di note.
Ognuno dei tre giovani, ovviamente dotati di Ipod funzionante e perfettamente carico attaccato alle orecchie, eccitato dalla partenza finalmente riuscita e dalla caffeina, iniziò a canticchiare, aumentando il volume esponenzialmente, e dimenarsi nel minimo spazio concesso sulle note e i ritmi più disparati: essendo poi tre i fratelli e tre le canzoni in ascolto, il tutto creava una cacofonia insostenibile, in un crescendo di tensione dell'autista e di passione dei cantanti, sempre più eccitati e divertiti e appassionati nella loro prestazione canterina... Un secondo prima dell'esplosione del pater familias, a ciò fu posto rimedio: un Ipod -uno solo!- fu collegato alla radio, e si ascoltò una canzone per volta.
Purtroppo i ritmi accelerati dalla caffeina facevano sì che il tempo dopo il quale i tre erano già stanchi e cambiavano canzone -litigandosi l'Ipod per poter prendere il comando dell'ascolto- ondeggiava tra i quindici secondi ed il minuto e mezzo. Un ritmo insostenibile per i genitori, i quali, vedendo come unica alternativa il sentirsi cantare contemporaneamente canzoni di Lady Gaga, ACDC e Beatles, si rassegnarono, chiedendo però perlomeno una momentanea tregua per le loro orecchie.
Fu dunque deciso che si sarebbe ascoltato “My Sharona”, in religioso silenzio.
Al terzo “Myyysharona!”, però, la tensione e il desiderio raggiunsero picchi indomabili, e il trio esplose in un coretto che non si arrestò fino all'aeroporto, se non per eventuali pause per esclamazioni quali “tra quanto arriviamo?” “ho dimenticato l'alimentatore della macchina fotografica! TORNIAMO INDIETRO!” e “oh papà, ti stai facendo superare da una Fiat Idea! ...E anche da una Wolksvagen del 30 avanti Cristo! Che scrauso!”, sentenza che determinò una brusca accelerazione ex abrupto.

Fu solo dopo un'ora e mezza di viaggio, a ritmi vari ma pur sempre insostenibili, con la caffeina il cui effetto era sempre più vacuo, che da un mantello denso di nuvole si aprì uno squarcio dal quale sgorgò un raggio di sole ad illuminare l'aeroporto!
L'arrivo e il parcheggio, secchi e in ritardo quel tanto che basta per far innervosire ogni singolo elemento familiare -compreso il cavallo a dondolo-, furono una cosa sola, così come lo sbarco e lo scaricamento bagagli: tutta d'un balzo la HF scese dalla vettura, abbrancò le valigie senza badare all'ordine e trottò verso l'entrata, i trolley che inciampavano nelle scale mobili e i piedi che incespicavano per il sonno.
L'arrivo al check-in, un minuto prima della chiusura degli imbarchi.
“Happy Family, sì. Sì, tre figli... Ecco, s... Il passaporto? No, non ho il passaporto: non è un volo interno? ….come sarebbe a dire che serve il passaporto? Le foto dei figli? Sì, sono minorenni, ma... Mi dica: potremmo imbarcarli con le valigie?”
Mentre i quattro disorganizzati impallidivano per la carenza dei documenti dei due fratelli minori, la Magistrale Organizzatrice ghignò, sprezzante.
Poi, con un gesto scenografico, come un veterano giocatore di carte che sfodera il suo poker d'assi, estrasse il suo passaporto. Con gesto di ventaglio -leggero movimento di polso e l'aria di sufficienza ancora sul volto-, sbucarono da dietro il libretto i documenti del pater familias -flap! A destra- e della figlia -flap! A destra-.
Sfilando poi davanti agli allibiti figli e marito, si diresse al banco del check-in. Posò i documenti.
“ecco i tre passaporti. Si, gli altri due figli sono nel mio. Ecco le valigie... Sì, i biglietti li dia a me. Grazie”
Volgendosi poi verso gli allibiti "andiamo, cari".
La vacanza era salva.

giovedì 1 luglio 2010

Come un comò




[in cucina, mattina. Popi sta preparando il caffè, dà le spalle a Pomi, seduto a tavola su una sedia con la paglia, azzurra. Popi ha davanti una tazza di latte dove intinge biscotti alla cannella]

Popi?

Sì Pomi?

[biscotto nel latte] Secondo te sembro un comò?

....Eh? [si gira]

Ho detto: ti paio un comò?

Un comò?

Sì, hai presente, no?

Sì, certo, ho presente, ma... Perché dovresti sembrare un comò?

... [intinge un biscotto nel latte e lo rigira nella tazza senza alzare gli occhi]

Pomi?

....Insomma, ti sembro un comò sì o no!?

No, non mi sembri un comò, non hai i cassetti, non sei fatto di legno, voglio dire, ogni tanto ti dico che sei una testa di legno, ma è tutto un modo di dire, no? No, non mi sembri un comò, s...

Phew! [si ficca il biscotto in bocca]

... [sguardo interrogativo]

... [imperterrito continua a masticare, molto intento nella lettura degli ingredienti del cacao in polvere sulla relativa confezione]

[il caffè inizia a gorgogliare, Pomi si gira a controllare la moka. Lo versa nella tazzina -bianca, senza manico-, poi si rivolge di nuovo a Pomi, ancora concentrato sul cacao]

Adesso che sei contento di non sembrare un comò, mi vuoi dire perché mi fai questa domanda?

NO

Ma perché??

Perché mi vergogno

Di rispondere?

No

Perché allora?!

Ma uffa

Dai Pomi, sto perdendo la pazienza

E' che è troppo bello

Cosa?!

Il tramonto

Scusa Pomi, ma sono vecchio e sto perdendo i neuroni per strada... Cosa diavolo c'entra il tramonto con te che dovresti assomigliare ad un comò?

E' che... Uffa. Noi abbiamo un comò, no? Ecco, quel comò. Quello viola con le maniglie azzurre e rosa. Ecco. E' che sono dei giorni -forse qualche settimana, a pensarci bene- che la sera vado a sedermi sul comò per vedere il tramonto. Solo che è troppo bello, no? La luce, la lentezza... Tutto è molto romantico e scorre così dolcemente che me ne sono innamorato. Passo quel momento prima di sera a gustarmi la luce che scende e ad aspettare l'esplosione che sprizza da quell'ultimo raggio di sole che sprofonda dietro il grattacielo. Solo che... Insomma... Mi sono accorto, una sera mentre guardavo la luce e le ombre... Insomma Popi, ormai io e quel comò ormai siamo una cosa sola!

.....Pomi

No, Popi, davvero!

D'accordo, va bene...

Ti dico che è così! L'ombra mia e del comò sono diventate un'ombra sola. Io sono diventato comò, e il comò è diventato me, capisci?

No

Ma come no!

Pomi, non stai sragionando, tu hai completamente perso il cervello...

Ti dico che è così.

... [sorso di caffè, poi apre l'anta della credenza e prende un pacchetto di fette biscottate e un barattolo di Nutella da cinque chili]

e poi c'è anche che.. [in fretta, un po' allarmato dalla vista del barattolo di cioccolata]

Pomi... La Nutella è finita

Ecco, appunto......... [abbassa gli occhi sulla tazza di latte, rigira il cucchiaio]

Appunto?

Appunto... E' che... Insomma... Guardare il tramonto è bello... Solo che per farlo diventare PIU' bello... Ecco, di solito ci mangio sopra i grissini con la ricotta e la Nutella, ecco.... Sai, l'armonia dei sensi...

...

...

....Pomi, alzati

...

Alzati, solleva un po' la maglietta, un po' sopra la vita

[Pomi leggermente riluttante si alza ed esegue]

...

...

Pomi, hai le maniglie

Lo so...... [sguardo vergognoso verso il basso]

...

[Pomi alza gli occhi con aria colpevole]

.....Popi, questo non vuol dire che assomiglio al comò, però, vero?