domenica 29 agosto 2010



"Come topi. Come piccoli, repellenti topi che corrodono la carne, famelici di spazi dove moltiplicarsi, piccoli e disgustosi, malvagi topi. Sono ovunque, ovunque: non un buco dove non si acquattino nelle loro piattezze da scarafaggio insinuante, nascosti all'occhio dell'ignaro,

tu sei l'ignaro, sarai costretto a lasciare per loro, costretto

atti nella loro falsità, a guastare tutto ciò in cui sono, in piccoli buchi in cui si rifugiano, maledetti. Come insetti, sì, come insetti. Come insetti piccoli e neri, arrivano, giungono da dio sa dove, riempiono tutto della loro sgradita e sgradevole presenza, si spostano, sì, si spostano non visti, scivolano infidi in ogni angolo, nelle loro forme ottusamente piatte ma arrotondate, neri, schifosi e viscidi, come rotelle di verme, sanguisughe, piccole sanguisughe, disgustose sanguisughe nere e appiattite.

Vanno cacciati, vanno cacciati

E tutto nasce dalla crescita, dalla loro crescita, quando da piccoli e bianchi, ancora nell'essenziale forma sottile non disturbano, stando immobili nei loro nidi. Ma poi il tempo passa, e i piccoli diventano grandi, anneriscono nel colore dello scarafaggio, iniziano lo sviluppo in forme dall'irritante aspetto e consistenza. Un pugno nell'occhio da vedere, quando rovinano la purezza di ciò che è tuo, tuo e di nessun altro, tuo, tuo

Vanno cacciati, vanno cacciati, vanno cacciati, vanno cacciati

Cacciati!, con un coltello, estirpati, pungolati a forza a scendere e fuggire, precipitare dai loro rifugi sicuri verso una piattezza acquosa, ripararsi sotto i resti per poi essere gettati, fatti sparire, i corpi da invasori annegati nelle fogne o seppelliti tra la spazzatura, più trovati, mai più trovati, morti eternamente morti al nostro sguardo, morti

Vanno fatti sparire! Sparire per sempre, dalla faccia della terra, devono...”


Pomi?


Sì Popi?


E' possibile che ogni volta che mangi una fetta di anguria tu debba fare tutto questo casino?


Ma i semi...


Nonono, che ma, che semi. Sono le tre del mattino. Taci.


mercoledì 11 agosto 2010

Quasi una Cenerentola




[Popi è in cucina con un grembiule bianco molto lungo, davanti a fornelli con pentolame. Sta preparando una cena sontuosa. Pomi entra in casa, con un grosso sacchetto di plastica bianco in mano, sbatte la porta. Popi, che fischiettava mescolando il contenuto pannoso di una pentola fumante, lo sente]

[senza distogliere lo sguardo dal suo mescolare] Pomi, ora che sei tornato dalla macelleria potresti andare a svuotare il secchio dell'umid...

[entra in cucina e, come aveva premeditato a lungo, e provato salendo le scale, cercando le parole più adatte e risuonanti del suo sdegno, dà inizio alla sua drammatica ribellione] Basta!!

[Popi si gira, stupito] ...?

[tono da melodramma] Basta, Popi!!

Che succede, Pomi?

[tutto va come previsto, Pomi può sciorinare il suo discorso come da copione. E così fa.] Sono stufo! Mi stai sfruttando, mi sento Cenerentola, tutto il giorno a girare come una trottola per aiutarti, ma mi stai facendo fare tutti i tuoi lavori, io

Ma Popi

[è il momento topico] No, no! [pausa ad effetto] Io non sono il tuo cavallo, Pomi!

...

...

...Il mio cavallo?


...Pomi, non capisco cosa tu voglia dire

[leggermente spiazzato, barcolla lievemente -il copione mentalmente si è strappato in mille coriandoli: la discussione sta perdendo il tracciato che lui aveva più e più volte mentalmente percorso-, Pomi si mantiene stabile nella sua posizione offesa, volta leggermente la testa] sì insomma, mi fai trottare a destra e a manca per eseguire gli ordini, io ti ho detto che ti aiutavo volentieri, ma ora devo correre al galoppo dovunque tu mi domandi, e sempre più cose, montagne [il tono sempre più concitato, accelera le parole in un flusso confuso]

Ah... Cavallo... Ho capito. [un sorriso sghembo e luminoso attraversa fulmineo il volto accigliato]
Non sei il mio galoppino, Pomi, tranquillo. E neanche il mio cavallo: tu sei il mio asino. Ora prendi questo secchio e vallo a svuotare, ti prego. Gli ospiti arriveranno tra poco.