sabato 26 settembre 2009

I cani




Che a casa nostra non girino animali tanto normali, ormai si sa.
Si era partiti quindici anni fa con i gatti, ognuno chiamato con il nome di una pietanza –quando mai si era sentito parlare di un gatto chiamato Brodo?-, per poi avere i pesci cannibali e in seguito i cani, dotati di privata ambizione di sterminare i pollai dei vicini e finiti per esasperazione in un centro di ex-tossico dipendenti. Poi sono venuti i pennuti: i piccioni molestatori della quiete pubblica, le oche convinte di dominare il mondo e infine le galline da attico.

Tralasciamo i gatti, che possono definirsi anche normali se si sorvola sul nome e sulle strane attitudini quali il dormire in equilibrio sulla testa di una statua aborigena o sul bracciolo di una panchina, l’apparire sui balconi delle finestre ad altezze sconsiderate –ovviamente appaiono dall’esterno- e l’avere ognuno un’autostima che supera i livelli di sicurezza. Ma d’altronde sono gatti. I gatti sono narcisi di natura.
Passiamo subito ai cani, invece: i due animali erano una felice coppia di fratellastri adottati in tenera età dopo mesi e mesi di sfinimento "papà, vogliamo un cane!". Va sottolineato il "papà". La mamma, che certe cose se le sente, aveva già i suoi dubbi riguardo la cosa. Comunque sia, alla fine la vincemmo noi. E li portammo a casa.
Uno dei due era relativamente normale. Da cucciolo, voglio dire. Prima di arrivare a casa nostra.
Era un normale cucciolotto, uno di tanti fratelli, sguardo felicemente ebete ma dolce, un’allegria sconsiderata, pancia tonda e gommosa, insomma, la beatitudine di essere cane.
L’altro, ahimé, era strano fin dall’inizio, e tutte le famiglie adottive l’avevano notato, scartandolo accuratamente. Era infatti rimasto l’ultimo della cucciolata, solo nel recinto.
Mio papà –e qui si potrebbe scegliere un epiteto che non sarebbe molto gradito ma che paragonerebbe il genitore a un folpo di mare- si era intenerito a vederlo, quel povero cucciolo solo soletto e rifiutato dal mondo, e così aveva deciso di prendere anche lui.
Rendo noto che quando si comprano dei cani, prendere una coppia di maschi è, per dire, smodatamente incosciente da parte degli acquirenti, in quanto i quattrozampe risvegliano le origini lupesche e creano branco a sé, in cui ovviamente gli umani non sono inclusi. Questo porta a diverse manifestazioni di indipendenza e ribellione che generalmente si concludono con la disfatta di uno dei branchi. Quei due malefici vigliacchi avevano deciso che ci avrebbero portati alla sconfitta per sfinimento, e così cominciarono fin dalla più tenera età a scavare fosse sotto la rete del giardino per fuggire verso la libertà. Questa corrispondeva con i campi di pannocchie circostanti. Migliaia di metri quadrati –centinaia di migliaia- di campi di pannocchie.
Che in autunno, ancora ancora, non costituiscono una foresta. Vengono tranciate e i campi restano coperti dagli smozziconi di fusto, altezza media trenta centimetri. In estate, però, i suddetti vegetali acquistano un che di alquanto fastidioso in quanto si ergono in altezza fino a raggiungere i due metri abbondanti, costituendo così una sorta di coltre verde -una volta il nostro giardino, in estate, venne definito "un bosco in mezzo a una foresta"- attraverso la quale non vedi ma neanche se hai i raggi x al posto degli occhiali.
Ecco, i nostri adorabili cani si divertivano a scorazzare tra le simpatiche pannocchie, lasciandoci puntualmente con un palmo di naso. Era seccante sentire le sfuriate di mio papà ogni volta che noi imbecilli ci lasciavamo sfuggire i cani, che divertiti scappavano da tutte le parti, ma fortunatamente una volta, mentre con il cancello socchiuso lui firmava una ricevuta al postino, i due bastardi –che poi tanto bastardi non erano- gli svicolarono tra le ginocchia per darsi all’allegra corsa campestre quotidiana. Da allora, mai più verbo fu proferito riguardo al farsi sfuggire i maledetti da sotto il naso. Ne furono proferiti alquanti, però, quando gli amati e fedeli compagni quattrozampe fecero strage di ben due pollai, divertendosi a fare razzia e a farsi poi trovare dai fattori, sorridenti ed esausti dopo la notte di follie. Circondati da cadaveri o pennuti moribondi. Generalmente tenevano anche in bocca una zampa di gallina, tanto per non far capire che erano stati loro a trucidare orrendamente tutti i poveri gallinacei.
Spesso alle scorribande dei nostri cari, si univa anche un botolo dei vicini, un maltese di dimensioni 40x20 e dal pelo rapato a zero. Il suddetto nano maltese era ferocemente innamorato del cane pazzo -quello pazzo davvero- nostro. Erano una coppia affascinante, a dire il vero. Anche il trio, nel complesso, non se la cavava male; mia mamma era ormai rassegnata al sentirsi rispondere, quando nel mezzo della ricerca disperata domandava ai passanti se avevano visto due cani in fuga, “due no, signora, ma di cani bianchi ne abbiamo visti tre. Andavano da quella parte.”.
Dopo un paio di anni all'estenuante ritmo di un paio di scappate al giorno, per puro caso e oserei aggiungere per puro culo, venimmo a sapere dell’esistenza della pet-therapy in strutture di riabilitazione per tossici o portatori di handicap. Dire che ai miei si rizzarono le orecchie è superfluo. Nel giro di una settimana avevano trovato contatti con un personaggio in una di queste comunità, lavato e profumato i cani e li avevano portati in montagna a fare un incontro per vedere se erano adatti all’incarico. Penso che mia mamma abbia pregato tutti i santi pregabili per far sì che i due mostri venissero accettati e lei fosse liberata da quel fardello che le rovinava la vita da due anni a quella parte.
I due fetenti –e per questo direi che la fervida fede risvegliatasi in mia madre durante quella settimana ha portato a risultati immediati e concreti- furono immediatamente accettati.
Fetenti perché si comportarono impeccabilmente, camminando al passo tranquillo dei padroni, quasi sfilando, e mostrandosi addirittura timidi e deferenti di fronte alle alte cariche del centro.
Fu dunque così, dopo due anni di convivenza, che i nostri cani fuggitivi –di cui uno di tendenze gay- si ritrovarono in un centro di cura per drogati.
Ora che non vivono più con noi pare che siano alquanto tranquilli tutti e due.

1 commento:

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