martedì 24 novembre 2009

Chaos




Sì mamma torno tra/ hai preparato il pranzo?/sì, sono sull’autobus adesso, ma c’è un casino/ scusi/attento!/il mio piede!/ ehi!/ giovanotto, mi lascerebbe/ si scende/ veloce, dobbiamo scendere a questa/ ma guarda che razza di cappello/ un collo lunghissimo/ sale!!/ ehi!

Il caos.

Sull’autobus –linea S- regna il caos: ora di punta, borse della spesa, studenti, valigette, fogli e appunti, biglietti scivolano dalle tasche, dalle mani, è anche caldo, gente sudaticcia, persone fradice, puzza, profumo del tramezzino che una ragazza sta mangiando –una borsa sportiva ai suoi piedi, con una mano appesa alla maniglia, tuta, pare stia tornando dalla palestra-.

Un vecchietto seduto, giornale in mano, si guarda attorno, un po’ seccato da tutta questa confusione.

Un ragazzo balza sull’autobus, di fretta.

Si insinua tra le persone, alla ricerca –vana- di un posto a sedere. Schiva una sporta colma di verdure, si acciacca il fianco sinistro sbattendo su uno zaino imbottito di libri, vaga faticosamente per il bus –linea S, ora di punta- realizzando che il posto non c’è. Ma ancora una speranza, solo una speranza ancora: quel vecchietto, là, pare si stia preparando a scendere-.

Si precipita, spintonando, una mano a reggere il cappello –strano, il cappello: un lungo nastro che pare un cordone a decorarlo, colore insolito, materiale particolare, appollaiato in cima a una testa che pare vacilli dall’alto di un collo di lunghezza infinita-, l’altra allungata già verso il posto, pronto a balzarci sopra, sedersi, ah, riposo.

Si arresta, si gira, scocciato

scusi sa

all’uomo alla sua destra, cappotto formale, valigetta seria, cappello banalmente ordinato in cima a una testa pettinata e ben salda sull’estremità di un collo taurino.

cosa vuole

lei mi ha urtato

prego?

lei-mi-ha-urtato, volontariamente, oserei aggiungere, e mi ha colpito a un fianco

lei si sbaglia

no, l’ho vista: mi ha visto arrivare, ha fatto un passo indietro con

finta aria distratta,

e appena sono passato mi ha infilato un gomito tra le costole!

Guardi, signore, forse lei si confonde

No, caro mio! Mi hai appena cacciato un tuo stramaledetto

gomito tra le costole.

Ascolta, amico, dammi un motivo per cui dovrei piazzarmi su un autobus

A fare attentati alle costole di ragazzini che sgomitano per cercare un posto, e

No, ascolta tu “amico”: mi hai urtato, mi hai fatto male Abbia

perlomeno la buona grazia di chiedere scusa!

Ma neanche per sogno!

Lei è un cafone,

mi chieda scusa immediatamente!

Senti: tu adesso taci, chiudi la bocca, la pianti di strepitare, d’accordo?

O io prendo il tuo collo spaventosamente lungo e lo annodo per bene a quel

Lampione laggiù, intesi?

Il bus frena. Il vecchietto si alza lentamente, il suo giornale sottobraccio, cappello in testa –senza cordoni- giacca in tweed e pesante montatura di occhiali.

Il caos nel bus si ferma. Nessuno si muove o parla. Silenzio.

Ha un’aria pacifica punzecchiata da uno spruzzo di divertimento nascosto nella saggezza degli occhi. Guardava lo scambio di opinioni dei due, spassandosela un mondo. Forse più che la discussione lo faceva ridere il ragazzo –uno strano ibrido di giraffa e uomo con un cappello strambo appollaiato in testa-.

Il mondo è ghiacciato. Immobilità.

Silenzio, più silenzio che prima. Il tempo si è fermato. Il vecchio sorride.

Si fa spazio tra la gente, con la calma pacifica abituale. Ora scenderà, appoggiandosi alla porta del bus. Si guarderà intorno –l’autobus parte, e a bordo tutti si risvegliano, un secondo e niente è successo, il bus non si è mai fermato, il caos, la confusione, alta voce, tutte le voci parlano di una voce sola, tutti i rumori rumoreggiano, urla, le telefonate, i cellulari che trillano, il caos- e andrà in cerca di una panchina al parco –cerca solo la tranquillità-. Non dovesse trovarne, si sposterà verso casa –giusto attraversare l’incrocio, girare a sinistra e dopo cento metri è là- e starà in salotto, nel suo divano, o forse in terrazzo –quarto piano senza ascensore, ma ormai l’abitudine ha superato la vecchiaia, le articolazioni consumate non temono le scale, un terrazzino modesto ma grazioso, annaffiatoio verde di fianco alla porta, un cinque vasi con piantine e fiori a decorare gli angoli, poltrona in vimini da casa delle vacanze /cuscino bianco/ regna nel mezzo del balcone-.

Scende, libera il posto.

Appena scongelato dal momento, il giovane abbandona la discussione senza aggiungere un’altra parola e si lancia a sedere, abbandonando l’uomo che gli diceva –che gli urlava, a dirla tutta, ma fa niente –, dimenticando la discussione, e dopo un momento è seduto, finalmente, seduto e salvo dall’energumeno che minacciava di torcergli il collo.

Appoggia la testa al finestrino e infila le cuffie dell’ipod. Stanchezza.

Sono passate due ore. Il vecchietto torna dal parco, cammina verso casa, ancora la solita calma ad avvolgerlo, ad accompagnarlo un paio d’ore passate al parco. Il giornale è ripiegato sotto il braccio, stropicciato per l’impeto con cui il suo lettore girava le pagine, stizzito e imbufalito da politici e un mondo che non gira come dice lui.

Attraversa la strada e scorge di striscio il giovane –un ragazzino, praticamente-, sempre il collo lungo, sempre il cappello barcollante. È con un amico, particolare anche lui, un foulard di seta di al collo –decorazioni psichedeliche-, giacca fucsia e pantaloni verde bottiglia che vanno a nascondere il gambale di stivali lucidi da cavallerizzo. Testa nuda. Collo normale.

Ma sì, devi allacciarlo meglio, guarda un po’ che disastro…

Ma dove?

Ma guarda!

Ma cosa?

Ma il bottone, sciocco!

Ma perché?

E’ storto, amico! Devi raddrizzarlo, guarda,

così – ah, caro mio. Tu e la moda non avete proprio niente a che fare.



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Questo post è nato per un compito di francese assegnato a scuola. La mia classe partecipa a un concorso organizzato dall'Alliance Française Italie in cui si deve scrivere un testo come "prolongement [degli "Esercizi di Stile ] à la manière de Raymond Queneau". Il mio esercizio è questo -sarebbe un "chaos"-, poi l'ho dovuto tradurre in francese, ma la prima a non capirci niente leggendolo tradotto sono io, quindi non lo posto.

Ecco, la nota era solo per dire che non l'ho copiato da qualcuno se non da me stessa, dato che c'è di mezzo il concorso eccetera eccetera.

In ogni caso, questa mi pare una competizione interessante, qui il sito dell'Alliance Francaise http://www.alliancefr.it

e da qualche parte parlano anche del concorso.

1 commento:

  1. bellissimo l'esercizio Queneau-style...in bocca al lupo per il concorso!

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