martedì 7 aprile 2009

Mia Mamma E Il Cavolo


Mia mamma è fantastica.
Piena di qualità, bella, superattiva, creativa, potrei andare avanti all’infinito nell’elencare tutte le cose belle che fa.
Ha una specialità, però.
Brucia i cavoli.
In un modo pazzesco, per giunta, giuro.
Ha una media di un cavolo bruciato alla settimana, il che incrementa la spesa in verdura della nostra famiglia, dato che il cavolo piace, sì, ma cotto normale, non carbonizzato. Consequenzialmente, infuocato un cavolo se ne compra un altro.

La sua tecnica è semplice: compri un bel cavolo, lo lavi, lo sistemi comodamente contornato delle sue foglie in una pentola con dell’acqua –non tanta, due dita-tre, non di più-, lo metti sul fornello a fuoco non troppo basso.
Fin qui il procedimento coincide con la preparazione del cavolo per cucinarlo.
La deviazione dal percorso tradizionale si ha a esattamente meno cinque minuti dalla fine della cottura, dopo che ti sei sorbito un tanfo di cavolo lesso che ha invaso la casa e impestato i vestiti di tutti i famigliari e dopo quei quarantacinque minuti di boato di cappa aspirante lanciata a spron battuto per cercare di limitare –almeno parzialmente- i danni odorosi cavolistici.
A quei famosi meno cinque minuti dalla fine, ti distrai.
Ma ti distrai per bene, eh.
Cioè, mica puoi dire, ok mi distraggo, ora prendo il giornale, sto qui in cucina, mi metto a leggere e appena sento un mezzo odorino di bruciato –oh cielo!- mi fiondo sul fornello, spengo tutto con l’estintore, apro trepidante la pignatta e il cavolo è lì bello bello che mi guarda, cotto a puntino in una delicata versione della carbonara.
No.
Tu ti devi distrarre a fondo.
Che so, generalmente mia mamma si distrae per le più svariate attività, quali il studiare con uno dei miei fratelli, il mettere in ordine qualche stanza –ovviamente ben lontana dalla cucina e mancante di orologio-, l’andare a prendere a scuola o me o i suddetti fratelli.
Comunque sia, un’attività qualsiasi va bene, a patto che sia bella impegnativa: deve farti rimuovere il pensiero del cavolo dalla mente, e farti cimentare per minimo minimo un quarto d’ora abbondante.

Quando torni in cucina non ti accorgi nemmeno del miasma carbonifero che impesta la stanza.
Ti siedi al tavolo, o finisci di leggere il giornale, scrivi un appunto, prendi il telefono, ma nel mentre dell’azione le tue narici sono sottratte al pensiero distratto in cui eri immerso.
Riportato alla realtà e preso dal panico ti lanci con un balzo olimpico verso i fornelli, immergendoti nella nuvola di gas tossico che si propaga dalla pentola, chiusa diligentemente da coperchio sigillante.
Apri, e il cavolo –a volte il cadavere dello stesso- ti guarda dal fondo della pentola, straziato dal bruciore che sale, bianco ancora, sì, ma con quel marroncino sospetto che si propaga da sotto le foglie.
Cercando di soccorrere il vegetale, per non scottarti arraffi il primo strumento da cucina disponibile –generalmente capita un coltello- e tenti disperatamente l’impresa di estrazione dalle macerie della pentola, ustionandoti minimo due dita nel tentativo, e ricordandoti solo poi che il tegame scotta e non bisognava toglierlo dal fuoco a mani nude.
Indisturbato dal bruciore sopraggiunto alle mani oltre che al cavolo, continui imprecando ma imperturbabile e lo estrai fumante dalla pignatta con l’atrezzo rinvenuto poco prima –sennò ti scotti, eh!-, per poi lasciarlo ricadere e correre alla dispensa per acciuffare un piatto-barella su cui depositare il soccorso.
Compiuto il pronto intervento, osservi il ferito.
Se la precedente azione distraente ha funzionato, sarà bruciato a metà e immangiabile.
Se l’azione distraente non ha funzionato degnamente e l’inconscio culinario ha avuto il sopravvento, ergo si è tornati in cucina dopo un tempo relativamente breve, il cavolo sarà ancora mangiabile, nonostante le foglie siano ormai diventate carbone da stufa.

Ecco, la tecnica base è questa.
Poi si possono avere variazioni quali il mettere il cavolo a cuocere alle sette di sera sul fornello elettrico in giardino perché dentro puzza, e poi ritrovarlo la mattina dopo uscendo alle otto.
Oppure metterne ben due in pentole diverse e andare a far ginnastica.
Ma queste sono specializzazioni che mia mamma ha raggiunto con la pratica.
Io, che sono ancora giovane figlia senza obblighi domestici, la prima –e suppongo unica- volta in cui mi sono messa a cucinare il cavolo –oggi- mi sono diretta in bagno per controllarmi i capelli e dopo mezz’ora ero lì che mi applicavo creme e tonici vari su un brufolo prepasquale comparso misteriosamente stanotte.
Tornata in cucina, mi sono dimenticata di annusare, ma dopo un paio di minuti ero disperata ai fornelli cercando di rimediare al danno.
Ora sono a scrivere con una mano sola, perché le dita dell’altra sono un po’ scottate.



3 commenti:

  1. dal tuo modo di parlare si capisce che tua madre è fantastica...=)

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  2. scusami vorrei sapere se ti piaciono i cavoli...a me tantissimo...;)
    -Rita

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  3. cavolo! ma questo è un bellissimo racconto! a me è successo un sacco di volte.. e mica solo col cavolo :-( sara

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